Descrizione
I confini dell’autofilosofia di Cioran
Il breve studio dedicato al pensiero di Emil Cioran intende proporre una lettura inedita della filosofia del pensatore romeno naturalizzato francese. Non più poeta, né filosofo, ma sulla scia dell’autofiction, genere letterario molto diffuso negli ultimi decenni, si cerca di cogliere gli elementi organici e biografici del pensiero cioraniano. Impossibile, dunque, fare astrazione della condizione di esule di Cioran. Cosa significa scrivere in un’altra lingua? In che modo una cultura diversa dalla propria incide sulla produzione di un pensatore? Se la condizione dell’esule, da un lato, svincola, attraverso lo sradicamento, dagli obblighi della tradizione, dall’altro spinge a una ricerca continua di uno spazio proprio, in cui piantare nuove radici. In Cioran questo spazio, questo terreno è rappresentato dalla lingua. Ma rinunciare a scrivere nella propria lingua madre, cosa produce? Di nuovo, quali libertà concede e quali forzature ne conseguono?
Lo studio procede, dunque, alla ricerca di un punto di incontro tra Cioran e la filosofia occidentale, tessendo i punti comuni, attraverso un dialogo con Heidegger e Nietzsche. «Cioran assume le sembianze del simbolo di un immigrato che cerca il suo posto nella nuova società adottando atteggiamenti camaleontici per mescolarsi al meglio agli autoctoni. La sua condizione di esule, gli conferisce anche la sfrontatezza e la distanza necessarie per guardare con attenzione chirurgica dentro l’animo dell’uomo moderno, occidentale e, senza paura di essere respinto, tagliato fuori (in fondo, in quanto esule, immigrato, sopraggiunto da un altrove problematico e diverso dal luogo d’approdo, non può temere di perdere qualcosa che non possiede: un posto consacrato e definitivo nella società francese. Lui è altro, e in quanto tale è tollerato, assimilato, integrato o respinto, ma comunque ai margini del “noi“) sottolinea le sue brutture, i suoi folli desideri di perfezione, la sua spasmodica ricerca del meglio che sfocia, poi, in eventi come il nazismo. Per uscire dal cerchio vizioso in cui si muove l’Occidente, c’è solo uno strumento a cui appellarsi: il dubbio.»
«Un paese di confine, țară de hotar, aveva chiamato Mircea Eliade la Romania: un paese situato in un perenne tra. Appartenere a un luogo contraddistinto dal tra offre la possibilità di scegliere fra due strade: la prima, intrapresa al suo tempo da Mihai Eminescu, si nutre di tradizionalismo, di attitudini romantiche, di retorica; la seconda, perseguita da I. L. Caragiale, trova la sua linfa nell’ironia, nel ridicolizzare lo spazio rurale, nel sentimento di inferiorità verso l’uomo occidentale.»
«A differenza di Sabrina, il personaggio di Milan Kundera, che non ha reazioni nei confronti del suo essere donna — una condizione simile a quella dell’essere romeno per Cioran, considerata la carica negativa con cui viene investita —, Cioran rifiuta il destino imposto dalla lingua, dalla storia, dalla tradizione. Opta per un idioma che lo tormenterà e lo ossessionerà, perché a rinunciare a una parte delle proprie radici è sempre una forma di violenta lacerazione. Detto altrimenti, se si sfugge al proprio destino, il prezzo da pagare è l’ansia.»
«Tutto il mondo è già dentro di noi, ogni suo senso ultimo, ogni interpretazione sta in una relazione più ampia con la natura stessa dell’essere umano. A cercare altrove ciò che c’è già dentro di noi ci si annoia, come in “una stazione russa“. La filosofia proposta da Cioran ha sede nell’esperienza, nel vissuto, nei traumi della psiche, nelle malattie del corpo. L’insonnia — la privazione del sonno, ricordiamocelo, è una delle torture più a portata di mano da sempre — plasma lo spirito, toglie la mollezza del dormiveglia e induce a uno stato di permanente allerta. Non si può staccare il pensiero dall’organicità. Non c’è filosofia che non ne risenta. È una provocazione, ma forse Kant stesso sarebbe giunto a teorie differenti se la sua vita fosse stata più disordinata.»
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Irina Turcanu, laureata in Filosofia presso l’Università di Milano, traduttrice, scrittrice di origini romene, lavora come blogger e giornalista per diverse testate.
Per Rediviva edizioni ha curato l’antologia di racconti Io scelgo e ha tradotto in romeno il romanzo di Dario Fertilio, Musica per lupi.